Piove in obliquo

Piove in obliquo oggi a Roma. Dal mio letto riesco a vedere chiaramente le gocce che senza sosta e prepotentemente si rovesciano creando linee quasi orizzontali. Piove quel tanto che basta per non alzarsi e mettere su un disco facendo un bilancio della settimana e di tutti questi giorni di festa che si sono mischiati e hanno perso la loro virtù. In questi giorni, come al mio solito, ho amato e odiato tante persone, ho accarezzato guance e ricevuto baci sulle mani. Ho accettato un pranzo al mare, camminato tra i boschi per sette chilometri e preso tutta l’acqua del mondo ballando con un bicchiere di vino in mano. Ho rivisto vecchi amori e vecchie amicizie. I primi mi hanno turbata, le seconde rassicurata. Ma rimane ancora in me quel leggero senso di inadeguatezza che mi fa sentire così distante, dalle persone e dalle cose. Rilascia un’ombra malinconica, una pulsione che mi spinge a non lasciarmi andare.
Ecco una canzone da condividere con la pioggia del primo pomeriggio:

In fondo sono una persona come tante

È finito il capitolo delle droghe, di stare svegli fino alle 8 di mattina e di ritrovarsi in letti non propri tentando in qualche modo di prendere sonno con il cuore a tremila e gli occhi spalancati.
È finito anche il capitolo dei Gin tonic dopo il lavoro, della musica a palla, del cervello che gira senza un perché e di quella voglia di fare sempre festa, senza fine, senza particolari preoccupazioni o pensieri in testa.
Chiedo molto se voglio solo un po’di tranquillità?

Zugzwang: quando l’unica mossa possibile è non muoversi

Mentre Penni corre avanti e indietro per i tavoli servendo vino e prendendo ordinazioni, si chiede perchè effettivamente si trovi lì in quel momento, e non sulla sua amaca al mare a godere della luce dell’ora legale. Le viene in mente quella frase di quel film in cui il protagonista, Nemo, ha l’opportunità di vivere tante volte, scegliendo tutte le possibili vie che la sua vita avrebbe potuto prendere. “Io esisto? Perchè io sono io e non qualcun altro?” Si chiede il Nemo bambino all’inizio del film. Fin da piccola Penni ha sentito risuonare spesso questa frase in se stessa, come se in qualche modo il suo corpo e la sua mente non vivessero e crescessero simultaneamente ma seguissero due vie del tutto differenti. In quel momento ci ha pensato di nuovo e avrebbe voluto semplicemente mollare tutto e andare via. E invece senza fermarsi sparecchia tavoli e carica lavastoviglie. G la guarda: – Sai cosa vedo nei tuoi occhi? un misto tra senso di colpa e malinconia-. Non si è neppure sforzata di fingere che non fosse vero. Lo ha guardato e probabilmente avrebbe anche voluto scoppiare in un pianto improvviso, ma in qualche modo è riuscita a trattenersi.
Quando è tornata a casa ha sentito il bisogno di lavarsi la faccia, per dieci minuti buoni, minuziosamente angolo per angolo, per fare in modo che niente della giornata di oggi potesse accompagnarla nei suoi sogni.

Automonitoraggio

Attraverso la perdita di controllo alimentare si attua una sorta di sospensione del tempo, delle emozioni e delle conseguenze.
Il blocco emozionale rappresenta il corrispettivo a livello emotivo della fuga dalla consapevolezza. La presenza di un’emozione troppo intensa induce all’utilizzo del cibo come mezzo per bloccarla e non percepire più nulla. Il cibo e l’espulsione di esso rappresentano l’unico rimedio possibile a delle emozioni difficili da vivere e sopportare. Non importa la valenza dell’emozione, è rilevante la portata. Quando però si riesce a capire che le reazioni possono essere altro, allora là è il vero problema. E ora che faccio? come la gestisco? Posso calmarmi? autoregolarmi? si, puoi farlo. Puoi trovare modi alternativi, e ancora meglio, puoi imparare a dare il giusto valore a quell’emozione che stai provando. Difficile, a volte impossibile. Ma si può fare.

Momento (periodo) no.

Quando una persona sta male è difficile che se ne accorga nel momento esatto in cui lo è. Di solito vive in una specie di bolla non rendendosi bene conto di quello che le accade intorno e agisce un po’ così, passivamente, sorridendo quanto basta e facendo tutto quello che deve fare senza troppi sforzi. Poi solo quando ne esce prende consapevolezza, si sente libera e finalmente riesce a respirare. Vive sempre un po’ con quell’ansia che possa succedere di nuovo, e ogni piccolo presentimento stimola in lei un campanello d’allarme che la mette in tilt e che la riporta indietro nel tempo.
Penni farebbe di tutto per non ritornare a quelle sensazioni, ma ha perso un po’ di speranza e pensa, nonostante le sue testimonianze, nonostante la sua professione, nonostante ci abbia creduto sempre tanto, pensa che è veramente difficile che una persona cambi il suo temperamento. E se Penni si è sempre buttata giù e vergognata delle sue emozioni sin da quando era piccola, potrebbe essere complicato non farlo anche a ventotto anni.